LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 8

 

6 dicembre 2015 – 2ª domenica di Avvento

Ciclo liturgico: anno C

 

Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! 

 

Luca 3,1-6  (Bar 5,1-9  -  Sal 125  -  Fil 1,4-6,8-11)

 

Dio grande e misericordioso, fa’ che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza che viene dal cielo ci guidi alla comunione con Cristo, nostro Salvatore.

 

 

  1. Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea. Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène,
  2. sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
  3. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,
  4. com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
  5. «Voce di uno che grida nel deserto:
  6. Preparate la via del Signore,
  7. raddrizzate i suoi sentieri!
  8. Ogni burrone sarà riempito,
  9. ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
  10. le vie tortuose diverranno diritte
  11. e quelle impervie, spianate.
  12. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

               

Spunti per la riflessione

Quante storie!

Alzi la mano chi non è spaventato. O scoraggiato. O stufo.

Siamo ancora qui a parlare di morti, ad annullare viaggi, ad evitare assembramenti.

Siamo di nuovo qui a guardare con disagio un tizio solo perché di carnagione olivastra, o perché vestito alla medio-orientale. E a cercare di rasserenare i nostri figli dopo il notiziario della sera.

E a leggere articoloni di giornaloni e polemicone di opinionisti senza fine.

Di chi minimizza e di chi esaspera. Di chi chiude gli occhi davanti all’evidenza (approfittando della nostra tolleranza qualcuno vuole imporre la sua intolleranza, quindi?), di chi brandisce le parole come arma (facendo di ogni erba un fascio).

E di chi, senza peli sulla lingua, accusa il cristianesimo di lassismo, e dei danni che provoca la misericordia, e della utile idiozia di chi, come il Papa, chiede pace a chi, scannando i cristiani, vuole solo la guerra, facendo il gioco dei violenti.

E chi se lo ricorda il Natale? E chi se ne importa di quanto accadrà?

Eravamo tutti contenti perché, per la prima volta dopo anni, sembrava di vedere una luce oltre l’orizzonte cupo della crisi economica! E invece…

Sono stordito, anch’io, come voi. E mai avrei pensato di cenare parlando di terrorismo invece che di compiti da finire dopo cena.

E anch’io, come voi, ho bisogno di un criterio, di un giudizio che vada al di là, al di sopra, al di dentro delle opinioni. Di una parola che illumini, in cui credere. Di una profezia.

Puntuale

E arriva, la Parola. Arriva la profezia.

Puntuale ed opportuna come non mai. Da mettere i brividi.

Nei giorni scorsi, durante uno dei miei viaggi di evangelizzazione, un prete, sorpreso, mi chiedeva, dopo aver visto un mio video di commento al Vangelo, se avessi il dono della profezia. No, ovvio, e i video, per questioni tecniche, li preparo con quindici giorni di anticipo.

È proprio Dio che vuole illuminare il nostro percorso con la sua Parola. Come accaduto il giorno di Cristo re. E domenica scorsa. E oggi.

Così scriverebbe oggi Luca:

Nell’anno quattordicesimo dopo l’assalto alle torri gemelli, mentre la Siria era divorata dalla guerra civile e il mondo islamico rinvigoriva la storica lotta fra sciiti e sunniti, quando Martin Schulz era presidente dell’Unione Europea e Vladmir Putin della Russia, nel secondo mandato di Barak Obama, regnante Francesco papa, in occasione del vile assalto contro civili inermi da parte di terroristi islamici del Daesh (acronimo che preferisco a Isis: in arabo ha assonanza con la parola che indica il “portatore di discordia”), la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.

La parola di Dio scende su un piccolo profeta nel deserto, evitando con cura tutti i potenti dell’epoca, tutti i grandi agli occhi del mondo, e bisogna scovarla, andare nel deserto, cioè zittire le nostre paure e le tante opinioni, per poterla ascoltare.

Storie altre

Già Baruc, segretario di Geremia, nella prima lettura si rivolge al popolo disperso in Babilonia e vede un ritorno in grande stile nella Gerusalemme dei padri. Parla a degli straccioni senza speranza, a dei deportati che si trascinano come schiavi in attesa di morire. E sogna.

Così è, amici, la Storia di Dio si sovrappone alla piccola e violenta storia degli uomini e la trasfigura.

Nessuno di noi conoscerebbe Erode se non avesse ucciso il Battista. Il procuratore Pilato viene nominato ogni domenica nella professione di fede non per la sua audacia politica e militare, ma per aver ucciso un falegname esaltato che si prese per Dio. E che lo era.

E noi, a che storia vogliamo appartenere? Le energie, i sogni, l’audacia che mettiamo per chi o cosa la mettiamo? Per la fragile storia degli uomini? O per quella di Dio?

Lavori in corso

Entrare nella storia altra significa, anzitutto, aprirsi allo stupore di Dio, attenderlo ed accoglierlo per ciò che egli è, non per ciò che vorremmo che fosse. L’Avvento non aggiunge degli impegni alla nostra scarsa fede e alla nostra poca disponibilità alla preghiera, ma un tempo in cui ci è chiesto di accorgerci, di preparare la strada, di spalancare il cuore.

Citando Isaia, Giovanni è molto preciso sulle cose da fare: raddrizzare i sentieri, riempire i burroni, spianare le montagne.

Raddrizzare i sentieri, cioè avere un pensiero semplice, lineare, senza troppi giri di testa. La fede è esperienza personale che nasce nella fiducia, che diventa abbandono. La fede va interrogata, nutrita, è intellegibile, ragionevole. Ma ad un certo punto diventa salto, ragionevole salto tra le braccia di questo Dio. Abbiamo bisogno di pensieri veri nella nostra vita, di pensieri positivi e buoni per poter accogliere la luce.

Riempire i burroni delle nostre fragilità. Tutti noi portiamo nel cuore dei crateri più o meno grandi, più o meno insidiosi, delle fatiche più o meno superate. Ebbene: occorre stare attenti a non lasciarci travolgere dalle nostre fragilità o, peggio, mascherarle. Ognuno di noi porta delle tenebre nel cuore: l’importante è che non ci parlino, l’importante è non dar loro retta.

Spianare le montagne. In un mondo basato sull’immagine conta più l’apparenza della sostanza. Bene il fitness, ottimo il body-building per stare in forma. È bene curare il proprio modo di vestire. Ma occorre aprire qualche palestra di spirit-building, qualche estetista del cuore e dell’anima!

Attendere con gioia

Essenzialità, verità, desiderio: questi gli strumenti per trovare un sentiero verso Dio.

E questo già ci procura gioia, l’attesa già ci scuote dentro, ci apre lo stupore… gioia come quella che san Paolo prova per la sua comunità greca di Filippi, come quella che il salmista descrive per il ritorno dei prigionieri da Babilonia a Gerusalemme.

La storia la scrivono i violenti. La Storia la cambia Dio.

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L’Autore

 Paolo Curtaz

 Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame>, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.

 

Esegesi biblica

         

PREDICAZIONE DI GIOVANNI BATTISTA (3, 1-20)

 

Luca, conformemente agli altri sinottici, e a Giovanni, apre il vangelo propriamente detto con la predicazione del Battista (3,1-20), ma a differenza degli altri evangelisti premette un ampio quadro della situazione politico-religiosa in cui il precursore comincia la sua manifestazione, dall’imperatore di Roma al pontificato di Anna e Caifa. È un’introduzione troppo solenne per non supporre che egli miri soprattutto alla persona e alla missione di Gesù e all’instaurazione del regno di Dio destinato a sostituire tutte le dominazioni terrene.

Luca abbonda nella sua enumerazione richiamando accanto alla Galilea e Giudea due domini pagani, appunto per ricordare che non solo Israele ma anche i gentili erano chiamati a passare sotto la regalità di Cristo.

Il sommo sacerdote Anna, anche se dal 15 d.C. aveva finito il suo incarico, continuava ad esercitare il suo peso nelle decisioni del Sinedrio (cfr. Gv 18,13-24; At 4,6). Caifa d’altronde era suo suocero (cfr. Mt 26,3.57; Gv 18,24-28).

Luca nel “racconto” dell’infanzia (1,5-80) aveva lasciato Giovanni “nel deserto”; da qui riprende ora a parlare della sua missione, solo che a differenza di Matteo e Marco il precursore non è fermo in un luogo ma si muove “per tutta la regione” (3,3), non è tanto un eremita che si ritira nel deserto, quanto piuttosto un profeta itinerante.

La missione di Giovanni è quella di tutti i profeti: riportare il popolo al suo Dio. La conversione è il tema abituale della predicazione profetica. Difatti non si è mai pienamente orientati verso il bene, verso Dio e il prossimo, c’è sempre qualcosa o molto da modificare, rettificare, perfezionare. Il grido di Giovanni “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” non risuona mai invano per quanti si mettono in ascolto della Parola di Dio che è sempre una spada tagliente, a doppio taglio che ha molto da recidere, sradicare nel cuore degli uomini, soprattutto del credente (cfr. Is 49,2; Ebr 4,12).

Giovanni accompagna la sua predicazione con l’invito a sottoporsi a un rito simbolico che di per sé non realizzava ma indicava il cambiamento di vita che il penitente si proponeva di attuare.

Il “battesimo” consisteva in un’immersione e riemersione nelle e dalle acque del Giordano. Con tale gesto l’uomo segnalava ai presenti che nel suo intimo si andava verificando come un’abluzione spirituale, un rinnegamento delle sue vecchie abitudini con l’intento di far subentrare un nuovo regime di vita, fatto di umiltà, bontà, mansuetudine, lealtà.

Le parole pronunciate o poste in bocca a Giovanni provengono da Is 40,2-5 e sono quelle con cui il grande profeta post-esilico annunzia ai suoi connazionali la fine della schiavitù babilonese e il ritorno in patria. Si tratta pertanto di un annuncio di consolazione e non di un oracolo di sciagure. Giovanni assumerà anche la figura di un predicatore arcigno e catastrofico (Lc 3,7-18), ma in questi primi tratti della sua missione è un annunciatore di buone notizie, in altre parole del “vangelo”. Ciò che conta è saperlo accogliere, fargli spazio nel proprio cuore. La “strada” da preparare non è più quella che attraversa il deserto, da Babilonia a Gerusalemme, bensì quella più breve, però più insidiosa che va dalla mente al cuore, alla volontà dell’uomo, e dove si annidano angolosità di ogni genere che ne ostacolano e ne impediscono la percorribilità. L’agire morale dell’uomo è per l’autore biblico la conformità a un codice stradale: ci sono varie infrazioni suggerite dalla pigrizia, dalla vanità o dall’orgoglio che debbono essere evitate, altrimenti non potrà trovare accoglienza il messaggio evangelico. Sono veri idoli che ostacolano il cammino di Dio nell’uomo e per questo sono da rimuovere se si vuole “vedere”, cioè fare esperienza della salvezza che ci attende.

Dal punto di vista esegetico, Luca, composto dopo Mc e Mt, si manifesta sospettoso verso un tentativo del cristianesimo primitivo di presentare il Battista come un rivale o addirittura come un dichiarato oppositore di Gesù. Il vangelo di Giovanni (1,8.19-34) sarà assai esplicito nel far rilevare che Giovanni il Battista non è il Messia.

Facendo un confronto tra Lc e Mt troviamo che:

1) Lc omette l’annuncio di Giovanni Battista che il regno di Dio è vicino (Mt 3,2) e riserva a Gesù questa proclamazione (Lc 10,9.11).

2) Lc sopprime la descrizione del Battista nel ruolo di Elia (Mt 3,4 Mc 1,6) e il resoconto dell’attività del Battista, specialmente il fatto che accorrevano a lui da ogni regione per farsi battezzare (Mt 3,5).

3) Nell’affermazione: “viene dopo di me Colui che è più forte di me”, Luca allontana il pericolo che Gesù venga considerato un discepolo del Battista o forse anche un suo intimo amico. Lc considera Giovanni l’ultimo e il più grande dei profeti d’Israele, ma chiaramente al di fuori della gloriosa èra messianica che inizia con Gesù (Lc 16,16; At 13,24): in questi testi l’evangelista asserisce che Giovanni venne “prima della sua [di Gesù] venuta”.

Benché la prassi di presentare un profeta indicando i nomi delle autorità contemporanee abbia paralleli nell’AT (Is 1,1; Ger 1,3; Os 1,1), lo stile di Luca si avvicina di più a quello degli autori classici greci, come Tucidide, che inizia in modo analogo la narrazione della guerra del Peloponneso.

L’evangelista inquadra l’inizio della predicazione del Battista nella cornice della storia contemporanea a partire dall’impero romano, passando attraverso il governo politico e religioso della Palestina.

Il governo politico passa dal regno di Erode il Grande - un regno soggetto a Roma - che costituiva la cornice del “vangelo dell’infanzia” (1,3; 2,1-2), a un’amministrazione diretta della Giudea da parte dell’imperatore e del suo governatore, mentre il resto del regno di Erode - la Galilea in particolare - era affidato ai suoi figli, che ne erano i reggenti.

Il governo religioso, invece, è incentrato sui sommi sacerdoti Anna e Caifa.

Giovanni s’affaccia sul deserto meridionale di Giuda, nei pressi del Mar Morto, ove confluisce il Giordano. La sua predicazione è, per Luca, centrata sul battesimo di conversione e di perdono. Come gli altri evangelisti, egli illustra la missione del Battista con una citazione di Isaia (40,3-5), un testo che celebrava il ritorno glorioso degli Ebrei esuli a Babilonia lungo una via piana e retta, simile alle strade processionali che conducevano ai templi.

Si ha, quindi, l’inizio di una nuova éra a cui bisogna prepararsi con la conversione.

Giovanni chiede a coloro che incontra di mutare condotta, di tenere un comportamento che testimoni una vera conversione. Sfilano ora davanti al Battista tre categorie diverse. Queste pericopi (10-14) che sono esclusive di Lc rivelano l’interesse dell’evangelista per la dimensione universale della redenzione.

1) Gli Ebrei che vanamente allegano la loro discendenza da Abramo e che devono, invece, compiere “frutti degni di conversione”, cioè che testimonino un autentico mutamento di vita.

2) I pubblicani, cioè gli esattori delle tasse e i loro subalterni, invitati al rigore della giustizia evitando corruzioni e vessazioni.

3) I soldati, ai quali si impone il superamento di ogni tipo di violenza.

Ma la figura del Battista è tutta protesa verso un altro personaggio e un altro battesimo “in Spirito Santo e fuoco”.  Nei confronti di Cristo, Giovanni si sente simile a uno schiavo del livello infimo: lo sciogliere il legaccio dei sandali era un atto che un padrone non poteva esigere dal suo servo ebreo, perché considerato troppo umiliante.

Le quattro Domeniche di Avvento - anno C

 

1ª Domenica

Geremia 33,14-16                     Realizzerò le promesse di bene.

Salmo 24                                   A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido.

1 Tessalonicesi 3,12-4,2           … per rendere saldi i vostri cuori… alla venuta del Signore.

Alleluia                                     Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza.

Luca 21,25-28.34-36                Risollevatevi e alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina.

 

2ª Domenica

Baruch 5,1-9                             Deponi la veste del lutto e rivestiti dello splendore della gloria.

Salmo 125                                 Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Filippesi  1,4-6.8-11                 La vostra carità cresca sempre più… per il giorno del Signore.

Alleluia                                     Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!

                                                         Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Luca 3,1-6                                 Voce di uno che grida nel deserto: «Preparate la via del Signore».

 

3ª Domenica

Sofonia 3,14-17                        Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele.

Salmo: Isaia 12                         Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo di Israele.

Filippesi 4,4-7                          Siate sempre lieti nel Signore.

Alleluia                                     Lo Spirito del Signore è sopra di me,

                                                         mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio.

Luca 3,10-18                             Io vi battezzo con acqua ma egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

 

4ª Domenica

Michea 5,1-4                             E tu Betlemme, così piccola,… da te uscirà il dominatore di Israele.

Salmo 79                                   Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Ebrei 10,5-10                            Ecco io vengo per fare la tua volontà.

Alleluia                                     Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola.

Luca 1, 39-45                            Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le   ha detto.

 

Il Tempo di Avvento ha una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo i cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.

 

I fedeli che vivono con la liturgia lo spirito dell’Avvento, considerando l’amore con cui la Vergine Madre attese il Figlio, sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene, «vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode» (Marialis cultus, 4).